Io mamma lavoratrice sarò una buona mamma?

“Ci vediamo stasera!” Una frase che ogni mamma lavoratrice dice al proprio piccolo ogni mattina prima di recarsi sul posto di lavoro. 

Le domande e le ansie delle mamme che lavorano

Per una donna che lavora il distacco dal figlio incomincia presto, in genere verso i cinque mesi, a volte qualche mese più tardi, ma non è da escludere che questo avvenga anche prima, soprattutto nei casi di lavori autonomi. Otto ore di lavoro non sono poche e possono essere percepite come un’eternità per tutte quelle mamme che hanno lasciato il loro piccolo al nido, o ai nonni, o ad una baby-sitter.
Essere donna, indipendente, libera e autonoma senza rinunciare ad essere madri è una sfida molto difficile che porta con sé alcune ansie. Nascono nelle mamme moltissime domande, incertezze, dubbi. “Cosa avrà fatto il mio bambino in queste ore?”, “Avrà sentito la mia mancanza?”, “Avrà fatto nuove scoperte e me le sono persa?”, “Crescerà bene anche senza di me?”

Separare il lavoro dalla relazione con il figlio

Quante di voi, rientrate al lavoro dopo la maternità, hanno avuto difficoltà a scindere il lavoro dal proprio rapporto con il figlio? Quante di voi sono riuscite a pensare solo al lavoro durante l’orario lavorativo, e solo al bambino quando invece alla sera vi ricongiungevate?

Molto difficile! Bisogna darsi del tempo, piano piano, giorno dopo giorno, vivendo il rapporto con il proprio figlio si acquista una maggiore sicurezza nel proprio essere madre. Ci si abitua, si impara ad accettare il broncio del piccolo alla mattina quando viene lasciato alle cure di altri, e ci si riempie il cuore di gioia quando alla sera il piccolo non aspetta altro che abbracciare la propria mamma e passare del tempo con lei. 

Non c’è mai un momento giusto per tornare a lavorare, è molto soggettivo perché sarebbe l’ideale rientrare nel momento in cui la mamma non è più sopraffatta dalla preoccupazione di lasciare il proprio bambino, ovvero quando quel cordone ombelicale psicologico inizia a farsi meno forte, e molto più flessibile e permissivo. La mamma per poter andare al lavoro serena deve essere in grado di lasciare il proprio bimbo agli altri, che sia un nido, che siano i nonni o figure di fiducia. 

 

Quando tornare a lavorare?

 

Detto ciò è normale che a volte il rientro al lavoro non può aspettare tutto il tempo che una mamma necessita per questa separazione dal figlio, perciò, soprattutto per un ingresso al nido ci sono due periodi molto buoni: intorno ai 5-6 mesi oppure all’anno del bambino. 

L’anno del bambino è il momento in cui si è già in parte separato a livello mentale dalla mamma, riconosce le altre figure, è curioso e cerca l’esplorazione, di conseguenza, durante l’assenza della mamma può compensare con una sana esplorazione del mondo che lo circonda. 

L’altra alternativa è quella dei 5/6 mesi di vita perché è quella fase precedente agli 8 mesi del bambino, ovvero un periodo un po’ complicato durante il quale emerge la famosa “paura dell’estraneo” e quindi l’impatto con un’altra figura di accudimento come le maestre o una baby-sitter potrebbe, e sottolineo potrebbe, scatenare questa emozione. Se per vari motivi comunque il bambino inizia l’asilo in questo periodo critico nessun allarmismo, ci sarà solo un prolungamento di un passaggio di crescita cruciale, ma verrà fatto lo stesso!

L'importanza della qualità del tempo trascorso insieme

Tutte le mamme devono sapere che ciò che conta, nella costruzione di una sana relazione con il proprio piccolo, è la qualità del tempo trascorso insieme. Questo perché i bambini, anche se molto piccoli, captano molto facilmente lo stato d’animo di mamma e questo porta a conseguenze nella relazione. Una mamma che ha rinunciato al proprio lavoro a causa dei sensi di colpa non è detto che offra al proprio figlio del tempo di qualità, o più attenzioni o una migliore educazione. Rinunciare al proprio lavoro, soprattutto quando quest’ultimo dà soddisfazione e gratificazione, è una scelta da ponderare in modo molto accurato. 

Prendere decisioni ponderate

Rinunciare al proprio lavoro, soprattutto quando quest’ultimo dà soddisfazione e gratificazione, è una scelta da ponderare in modo molto accurato. 

Un’insoddisfazione materna tende a ripercuotersi sul piccolo: una mamma arrabbiata, depressa, frustrata sarà una mamma che trasmette queste sensazioni al suo bambino, trascorrendo con lui tempo non sempre gioioso e spensierato. 

Detto ciò bisogna anche sottolineare come sia importante prendere questa decisione non subito dopo il parto, aspettare qualche mese è la soluzione migliore, soprattutto se si ha intenzione di andare a rivoluzionare la propria vita professionale. Possibile anche arrivare preparate al parto, farsi delle domande prima, ragionare sui possibili sensi di colpa, sulle possibili difficoltà e non farsi trovare spiazzate!

Scrollare via i sensi di colpa: il lavoro è parte della vita

Quindi cosa bisogna fare? Scrollare via di dosso i sensi di colpa: il lavoro può e deve far parte della vita di una donna. Tantissime donne amano il loro lavoro e non c’è nessun motivo per cui dover rinunciare. Anzi! Una mamma che lavora sta insegnando al proprio figlio forza e determinazione, sta insegnando a inseguire i propri sogni, a dedicarsi alle proprie passioni, sta insegnando la responsabilità nel provvedere ai bisogni della famiglia. 

 

Vista in quest’ottica, assume un significato diverso?

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Autrice: Dott.ssa Marina Graziani

Psicologa e psicoterapeuta


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